E se le Lettere a una principessa tedesca, le illuminanti lezioni di matematica, fisica e filosofia naturale impartite dal matematico Eulero per corrispondenza a una delle più nobili dame della corte di Federico II di Prussia non fossero solo quelle che conosciamo? E se, più precisamente, le autorità russe durante la Guerra dei sette anni ne avessero sequestrata una? Da questa ipotesi parte il romanzo con in copertina un bellissimo disegno di scena di S. Ejzenštejn di Renato Betti, che ci trascina, pagina dopo pagina, alla ricerca di questo ipotetico documento nella Russia sovietica della prima metà del Novecento L’avvolgente scrittura dell’autore ci guida alla riscoperta della figura del geniale matematico svizzero ce diable d’homme, come lo definì d’Alembert quando scoprì che per l’ennesima volta Eulero lo aveva anticipato in un risultato su cui molto aveva lavorato e della sua matematica, che per una volta non è semplice pretesto narrativo ma protagonista. Soprattutto veniamo precipitati nel complesso mondo sovietico, che Betti conosce a fondo, con i suoi riti e le sue complessità, “con le sue regole eterne, immerse in una realtà spesso incomprensibile per noi occidentali, una realtà che per questo ci appare buia in tante manifestazioni, ridicola in altre”. E la lettera? Dopo un appassionante ricerca riemergerà e il suo contenuto sarà del tutto inaspettato.
