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22 maggio 2024  |  open.online  |  Redazione

Il criminologo Marco Strano: «Ecco perché Chico Forti è colpevole»

Il criminologo Marco Strano: «Ecco perché Chico Forti è colpevole»
Il 65enne, condannato all’ergastolo negli Stati Uniti, è tornato in Italia il 18 maggio scorso. Per l’esperto sono tanti gli elementi che provano la sua colpevolezza.
Era sul luogo del delitto, aveva acquistato una pistola e ha mentito a sua moglie. Tre dei tanti elementi che, secondo Marco Strano, ex ufficiale dei carabinieri, ex Sisde ed ex tecnico della polizia oggi in pensione, criminologo e psicologo, provano la colpevolezza di Chico Forti. Il 65enne, condannato all’ergastolo negli Stati Uniti perché giudicato colpevole di omicidio, è tornato in Italia il 18 maggio scorso dopo 24 anni di detenzione in Florida. Finirà di espiare la pena in Italia, a Verona, come prevede una Convenzione internazionale del 1983. Secondo Strano, che sulla vicenda ha scritto Cherry Picking. La strategia di un assassino. Analisi criminologica del caso Chico Forti, gli elementi che provano la sua colpevolezza sono tanti e chiari: «Forti va a prendere la vittima all’aeroporto, Dale Pike doveva essere ospitato a casa sua, gli aveva comprato anche il biglietto dell’aereo, ma non ci arriverà», spiega al Fatto Quotidiano.
«Ha mentito a sua moglie»
«Forti dice che lungo la strada, l’australiano deve comprare le sigarette, si ferma in un’area di servizio che è in tutt’altra direzione rispetto alla sua abitazione, Pike scende e gli dice “ho cambiato idea, accompagnami al Rusty Pelican”, il ristorante vicino alla spiaggia di Key Biscayne in cui sarà trovato ucciso con due colpi calibro 22 alla nuca. Dice che Pike ha fatto una telefonata, ma non ce n’è traccia.
Mente», spiega Strano. E mente «quando la polizia già sospetta di lui e quando ci torna.
Ma mente – continua l’ex ufficiale – anche a suo moglie: le dice che non ha visto Pike.
Ma quando la chiama, alle 19:16 di quel 15 febbraio 1998, è ancora vicino alla spiaggia: lo dice la cella telefonica che aggancia. E Pike è morto in un orario compatibile».
«Ha mentito a sua moglie»«Forti dice che lungo la strada, l’australiano deve comprare le sigarette, si ferma in un’area di servizio che è in tutt’altra direzione rispetto alla sua abitazione, Pike scende e gli dice “ho cambiato idea, accompagnami al Rusty Pelican”, il ristorante vicino alla spiaggia di Key Biscayne in cui sarà trovato ucciso con due colpi calibro 22 alla nuca. Dice che Pike ha fatto una telefonata, ma non ce n’è traccia. Mente», spiega Strano. E mente «quando la polizia già sospetta di lui e quando ci torna. Ma mente – continua l’ex ufficiale – anche a suo moglie: le dice che non ha visto Pike. Ma quando la chiama, alle 19:16 di quel 15 febbraio 1998, è ancora vicino alla spiaggia: lo dice la cella telefonica che aggancia.
E Pike è morto in un orario compatibile».
La pistola e l’hotel di Ibiza
Ma non solo: Foti acquista la pistola e la intesta a un altro, «un truffatore che Foti poi accuserà del delitto», dice. E poi c’è il movente: «Forti era pieno di debiti e voleva approfittare della demenza di Tony Pike (il padre di Dale, ndr) per farsi cedere l’hotel Pikes di Ibiza promettendo un pagamento futuro.
Forse voleva darlo in garanzia alle banche. E il figlio va a Miami per rimediare ai danni del padre».
Secondo l’inchiesta della polizia di Miami, Forti stava cercando di comprare l’albergo dal padre di Dale, Tony Pike, approfittando della condizione di demenza di quest’ultimo.
Dale, per gli inquirenti Usa, sarebbe andato a Miami proprio per rimediare ai danni che stava facendo il padre.
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