09 febbraio 2025 |
Alberto Mirabella
“E io che lasciai l’ago e il fuso….Storia di donne dalle origini all’età moderna” recensione di Alberto Mirabella
Questo libro, condotto con sapiente acume e caratterizzato da discorsività e per niente rancoroso, ci appare davvero stimolante perché crea nel lettore vivo interesse e debite riflessioni. L’opera è concepita secondo un modo di vedere “moderno” che significa da un lato anticonformistico, privo di preconcetti e di angolarità visuali a priori per l’inquadramento storico. L’impianto è originale per il suo carattere “antologico”, in quanto tende a documentare molte affermazioni e conclusioni con ampi estratti delle opere degli autori trattati. Questo è senz’altro un pregio, in quanto è essenziale ad ogni storico un sempre preciso riferimento al testo, un vaglio accurato di esso, un costante richiamo all’opera.
Il pregio principale dell’opera è il modo con cui l’Autore esamina lo svolgersi dei vari capitoli con lo scopo precipuo di evidenziare come: le nostre antenate hanno contribuito all’evoluzione culturale e al progresso economico, partecipando alla costruzione collettiva del pensiero religioso, del linguaggio letterario, delle varie espressioni artistiche, delle conquiste scientifiche. Le donne hanno sempre interagito con gli uomini in un continui scambio di saperi, ma il pregiudizio maschile, legato a una presunta inferiorità femminile e auna certa misoginia, le ha sottratte alla Storia” (p. 409). Pensiamo un attimo a quante donne sono state costrette all’umiliazione pedine sacrificali di una società patriarcale, donne giammai protagoniste della loro vita. In sostanza le donne sono sempre state figure rimaste nella polvere della memoria collettiva. E Gaetana Mazza ci ricorda come: “la memoria del passato può essere ingannevole se non supportata dai documenti e più si scava nel passato, più ci avviciniamo alla verità storica che tuttavia ha bisogno di ulteriori indagini”.
Il libro ci fa percorrere il lungo e doloroso iter della difficile condizione femminile dalla Grecia all’età moderna e pone in risalto come Sia per i Romani che per i Greci le donne non sapevano fare buon uso della parola: tacere per loro era una virtù e un dovere (p. 55). […] moglie fedele, procreatrice ed educatrice dei figli, colta tanto da poter conversare in pubblico (p. 65). La pariteticità uomo-donna viene ribadita a livello letterario con un’analisi precisa delle opere soprattutto quelle poetiche come avviene con Rosvita di Gandersheim (935-1000?) che Ribalta il concetto medievale che ritiene la donna un essere inferiore e incline al peccato e oppone all’idea della donna sottomessa ai voleri del maschio l’eroina che trionfa sull’altro sesso perché moralmente più forte: (p. 83).
E se andiamo ai primordi notiamo come già nella Bibbia la donna è considerata come una creatura inferiore, meno importante degli uomini e che non meritavano di essere trattate con rispetto e dignità. (Charles Templeton, Addio a Dio, Ontario 1996, p. 177.) Un evangelista divenuto scettico, ha ben sottolineato questo concetto scrivendo: “La Bibbia è un libro scritto da e per gli uomini. “Le donne che ivi appaiono sono delle creature secondarie e generalmente inferiori”. Il problema del rapporto uomo-donna risale a momenti storici atavici, e con le tre grandi religioni monoteiste abbiamo “una forte sterzata maschilista e misogina”. E se consultiamo le più antiche norme nell’arco storico notiamo come la donna in genere abbia sempre avuto una funzione subordinata e sia stata ed è una proprietà del maschio, sia egli padre, fratello, marito. E ciò viene ribadito già nel Codice di Hammurabi (XVIII secolo a.C.) in cui si precisa che la donna è proprietà del marito; e così presso gli antichi Greci e Romani la donna era considerata come un vero e proprio “possesso”. Da Eva tentatrice alla grande meretrice, la figura femminile - raccontata da teologi e filosofi, sempre di sesso maschile - oscilla schizofrenicamente fra l’angelo del focolare, la madre premurosa, e la lasciva prostituta tentatrice che, attraverso un meccanismo da caprio espiatorio, diventa la causa delle tentazioni e degli errori maschili. Schizofrenia che si ritrova nella venerazione per la madre creatrice di vita e per la ghettizzazione della donna durante le mestruazioni, considerata impura in varie culture.
Vi sono passi del libro in cui l’Autore ci induce a riflettere soprattutto quando si parla di AMORE in merito ai Lais di Maria di Francia, che si può giustamente ritenere una protofemminista, L’amore è una ferita del cuore / Molti lo considerano un gioco / come quei cortigiani villani / che si danno alla bella vita…(203) Nel Lai di Eliduc c’è il compendio del pensiero di Maria sull’amore. Chi ama non aspetta ricompensa perché l’amore è ‘gratuito’ come scrive Andrea Cappellano. (209). Che dire poi di quell’usanza in voga quando la donna doveva portare la dote nell’unione coniugale e in merito leggiamo come: La dote aveva soprattutto un aspetto economico e cioè serviva a potenziare o a evitare l’impoverimento delle famiglie contraenti matrimonio. (86). Molti documenti allegati ci dimostrano di questa modalità vigente inerente la dote anche a Sarno negli anni 907-1045 e 1475-76 dai regesti del protocollo del notaio Nardo De Marino di Sarno in cui sono presenti Chiese e cognomi tuttora esistenti quali Pappacena, Ligorio (Liguori), Celentano, Palumbo etc.
In sostanza questo volume che prende le mosse dalla condizione della donna in Grecia, a Roma, delle poetesse latine, della dote, del medioevo, delle mistiche, delle medichesse nonché delle letterate e delle pittrici è una palese e incontrovertibile attestazione della pariteticità uomo-donna. Si tratta non di donne eccezionali e fuori dal comune bensì di personalità “normali” che dimostrano in tanti campi della Cultura di avere quella stessa vis sentiendi dei maschi che hanno quasi sempre fatto ricorso alla violenza gratuita per sottometterle e guardarle con superiorità. Il merito maggiore di Gaetana Mazza in quest’opera ponderosa, dettagliata e ben documentata è quello di aver posto all’attenzione del lettore una visione ampia e ricca del ruolo della donna in una società sempre complessa e maschilista.
Quest’ultimo suo libro pertanto dà il grande merito a Mazza di averci proposto una grande lezione di rigorosa e autentica analisi ed esegesi su una vexata quaestio: quella della subalternità della donna. che ha dovuto sempre far fatica per uscire da quella inferiorità sociale a cui l’hanno sempre relegato certi pregiudizi maschilisti di comodo! Non posso non riportare, a tal punto, quanto ebbe a scrivere in merito ad una mia recensione al libro Il vizio dello stupro l’amico scomparso ed indimenticabile Franco Polichetti (febbraio 2022): …La donna è l’unica ed insostituibile sorgente della vita ed è questa sua unicità il valore più alto di cui l’uomo come’è avvenuto in un remotissimo tempo, dovrebbe oggi riprendere coscienza e rispetto.
Miserrimo essere a cui sfugge che la vera virilità sta nel rispetto della propria compagna, nell’amore, nell’armonia del rapporto…..[…] Alla base del diffondersi della violenza sulle donne (femminicidi) c’è la risibile convinzione che virilità sia sinonimo di autorevolezza, e che essa (la virilità) si dimostra attraverso la forza Ed allora ascoltiamo attentamente la voce poetica di Leonora della Genga (XIV secolo) che così si esprime: Tacete, o maschi, a dir che la Natura / a far il maschio solamente intenda, / e per formare la femmina non prenda / se non contro sua voglia alcuna cura. […] In ogni cosa il vostro valor cade, / uomini appresso loro. / Uomo non fora / mai per torne pregio, o corona (p. 7).